‘NDRANGHETA – I nomi degli arrestati: c’è pure Manno, sparò al barista Giacalone

martedì, 26 settembre 2017

CANTÙ - Nelle prime ore della mattinata si è conclusa come noto una vasta operazione di contrasto alla ‘ndrangheta condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Milano. I destinatari delle 27 misure cautelari (21 in carcere, 3 agli arresti domiciliari e 3 misure interdittive della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio) sono ritenuti responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi, lesioni, danneggiamento (tutti aggravati dal metodo mafioso), associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione per un atto d’ufficio, abuso d’ufficio, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale.

L’attività trae origine dagli approfondimenti avviati nel 2015 dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Milano sui noti summit di ‘ndrangheta tenutisi a Legnano e a Paderno Dugnano, già oggetto di indagini nell’ambito dell’operazioneInfinito”. L’investigazione ha consentito di identificare gli elementi di vertice della locale di Limbiate (MB) e di individuare un sodalizio dedito al traffico di ingenti quantitativi di cocaina, con base nel comasco, composto prevalentemente da soggetti originari di San Luca (RC), legati a cosche di ‘ndrangheta di notevole spessore criminale.

Le investigazioni condotte dalla Compagnia Carabinieri di Cantù, nell’ambito della più articolata indagine milanese, hanno avuto inizio a partire dall’ottobre 2015 dopo una serie di episodi violenti che hanno interessato il centro cittadino di Cantù e che hanno destato un forte allarme sociale nella popolazione. Nella piazza centrale della città, infatti, si trovano i più frequentati locali pubblici e d’intrattenimento dell’area, in grado di richiamare la principale “movida giovanile” della provincia di Como e, di conseguenza, di muovere importanti interessi economici.

Il complesso impianto investigativo, in particolare, ha inizio immediatamente dopo gli eventi che portarono il 4 ottobre di quell’anno ad un raid all’interno della discoteca “Spazio” di Cantù, organizzato da un gruppo di personaggi originari della provincia di Reggio Calabria e legati da stretti vincoli di parentela con una delle più potenti famiglie della ‘ndrangheta, quella dei Morabito di Africo (RC). Nella circostanza, vennero devastati il mobilio e le attrezzature, nonché aggredite alcune persone presenti nel locale. Ne conseguì l’intervento del personale addetto alla sicurezza che, conoscendo la fama del gruppo, mantenne comunque un atteggiamento prudente.

Ad esporsi maggiormente, invece, fu Ludovico Muscatello, il quale, forte del suo nome, reagì con determinazione mettendo alla porta gli esagitati e ferendone uno al capo con un oggetto contundente. L’episodio in questione destò subito stupore e preoccupazione, soprattutto per il fatto che, fino a quel periodo, la discoteca Spazio, locale simbolo della “movida” canturina, non era mai stata teatro di particolari eventi criminosi. Tutti erano a conoscenza, infatti, del fatto che nel locale era presente la figura di Ludovico Muscatello, nipote di Salvatore classe 1934, capo della locale di Mariano Comense e personaggio ai vertici della ‘ndrangheta. Egli, con la sua presenza, esercitava un’azione di vero e proprio controllo e protezione all’interno del locale dove quindi nessuno avrebbe mai osato creare problemi.

Quello che, in un primo momento, all’occhio della cittadinanza, poteva apparire come uno dei frequenti episodi di violenza che accadono frequentemente nelle discoteche, si rivelò presto un fatto ben più grave ed assolutamente significativo. Il 10 ottobre successivo, infatti, Muscatello venne pubblicamente gambizzato a colpi di pistola, all’esterno di un locale sito sulla via Al Monte di Cantù, proprio mentre si trovava in compagnia, al termine della giornata lavorativa, dei dipendenti della discoteca Spazio e degli addetti alla sicurezza, colpevole di aver osato contrapporsi a personaggi appartenenti alla famiglia “Morabito” di Africo.

Ben conoscendo gli equilibri criminali della zona, per gli investigatori questi fatti rappresentarono un importante segnale: alcuni personaggi appartenenti e contigui al ramo della famiglia Morabito, direttamente discendente dal noto Giuseppe Morabito classe 1934, alias “TIRADRITTO”, pur rispettando la suddivisione territoriale delle Locali di ‘ndrangheta, stavano tentando, con metodi sicuramente meno prudenti di quelli sinora adottati dai familiari del vecchio boss e più simili a quelli utilizzati in Calabria, di assumere in seno alla Locale di Mariano Comense un ruolo di maggior rilievo.

Al ferimento del Muscatello, infatti, malgrado la gravità dell’affronto, non seguirono altre ritorsioni o vendette tra i due gruppi antagonisti. Dopo le sue dimissioni dall’ospedale di Cantù, Ludovico Muscatello non tornò più a lavorare nella discoteca canturina, preferendo spostarsi nel milanese. Nella discoteca “Spazio”, invece, presero piede gli odierni indagati, iniziando a comportarsi da veri e propri conquistatori: entravano a qualsiasi orario senza pagare le consumazioni, provocando risse e disordini, con il chiaro scopo di dimostrare pubblicamente la loro supremazia sul territorio. Il gruppo criminale in questione giunse, ben presto, a sottomettere gli addetti alla sicurezza ed a decidere, addirittura, chi potesse o meno accedere al locale.

L’azione dei nuovi soggetti “subentrati”, a dimostrazione dell’esistenza di un piano preordinato e ben strutturato, perfettamente in linea con le modalità tipicamente utilizzate dalla criminalità organizzata per assumere il controllo del territorio, non si limitò a prendere di mira la sola discoteca Spazio. Contestualmente, come è ben noto alla cittadinanza ed agli organi di stampa che, al riguardo, hanno diffusamente scritto, sulla piazza Garibaldi di Cantù ebbe inizio una serie interminabile di risse e di atti intimidatori che portò il gruppo criminale ad estendere la propria fama a tutti i locali della piazza, alla popolazione e, più in generale, nei territori della provincia ed in quelle limitrofe. Sino all’estate del 2016, il gruppo calabrese poteva entrare in qualsiasi locale della piazza senza pagare le consumazioni e facendo da padrone, terrorizzando i proprietari che, nella maggior parte dei casi, preferivano assecondare in silenzio il gruppo criminale.

Nel periodo, solo per fare un esempio, tenuto conto che molti episodi per timore non sono stati neppure denunciati, si verificarono eventi significativi, utili per comprendere il clima che si era venuto a creare:

il 15 ottobre 2015, il titolare del Bar Commercio, situato in Piazza Garibaldi, rinvenne, alla chiusura del locale, sul tettuccio della sua macchina, un proiettile cal. 9 mm parabellum;
il 26 novembre 2015, un passante, a bordo della sua autovettura, dopo aver avuto un diverbio verbale con il gruppo di calabresi che ingombrava prepotentemente la strada impedendo il passaggio dei veicoli, venne fatto segno di vari colpi di pistola esplosi al suo indirizzo che attinsero la carrozzeria della macchina senza ferirlo;
il 10 gennaio 2016, all’esterno della discoteca “Spazio Renoir”, avvenne una grossa rissa, con feriti, tra alcuni giovani avventori che vennero senza motivo provocati da un gruppo di persone risultate poi essere gli stessi indagati;
il 15 gennaio 2016, il gestore della discoteca “Spazio Renoir” denunciò che ignoti avevano incendiato con una “molotov” l’insegna del locale;
il 31 gennaio 2016, avvenne un’altra rissa all’interno del locale tra il gruppo di delinquenti e alcuni ragazzi, presi di mira e provocati senza alcun motivo.

Le indagini, in stretto rapporto con l’Arma di Milano e Monza, coordinate dalla D.D.A. di Milano, hanno quindi permesso di contestare ai seguenti soggetti, tutti con pregiudizi di polizia, il reato di associazione di tipo mafioso, in qualità di partecipi della Locale di Mariano Comense capeggiata da Salvatore Muscatello, classe 1934, attualmente in carcere:

1. MORABITO Giuseppe, nato a Locri (RC) il 03 ottobre 1986, residente ad Africo (RC), di fatto domiciliato in Cantù, celibe,
2. STAITI Domenico, nato a Africo (RC) il 02 febbraio 1973, residente a Cantù, coniugato, pregiudicato per armi, attualmente detenuto per tentato omicidio;
3. DEPRETIS Rocco, nato a Melito di Porto salvo il 30.12.1995, residente a Cantù, attualmente detenuto per tentato omicidio.

Alle seguenti persone, tutte pregiudcate, assoldate ed apertamente schierate dalla parte dei soggetti citati sopra per i pestaggi e le intimidazioni, sono stati invece contestati i reati di estorsione, rissa, lesioni personali, con l’aggravante di aver commesso i reati per fini mafiosi:

1. SCORDO Andrea, nato a Melito di Porto Salvo il 22.02.1985, residente ad Africo
2. ZUCCARELLO Manuel, nato a Napoli il 26.12.1989, residente a Cermenate
3. MANNO Antonio, nato a Polistena il 20.07.1995, domiciliato a Cantù
4. TORZILLO Valerio, nato a Cantù il 07.10.1994, residente Cermenate
5. DI BELLA Luca, nato Lecco 11.12.1990, residente Vertemate con Minoprio
6. DUZIONI Jacopo, nato Como 15.09.1992 residente a Cermenate

Una nota particolare è per Antonio Manno. È il giovane (a sinistra nella foto) che il 4 agosto del 2016 sparò due colpi di fucile a canne mozze ferendo gravemente Andrea Giacalone, un barista di Cantù. L’evento si verificò nei pressi della piazza Garibaldi, più precisamente in via Corbetta, di fronte al locale pubblico “Grill House” (uno dei locali presi di mira dagli indagati), alla presenza di numerose persone. Si accertò che il motivo del tentato omicidio era stato causato da dissidi per motivi passionali. Manno, che faceva parte del gruppo che proprio in quel periodo stava affermando la propria supremazia territoriale, non poteva dunque permettere che qualcuno potesse insidiare pubblicamente la propria compagna. Decise, così, di infliggere pubblicamente la punizione al suo contendente nel modo più plateale e con stile inequivocabilmente mafioso.

 

 

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