RUBRICA - Il lavoro rende nobili, certo, ma, mi permetto di aggiungere, per poterlo fare deve rispettare la dignità umana. Lavoro e giuste condizioni dovrebbero essere un tutt'uno ma spesso non è così, quindi quali saranno le sfide del futuro? Lo chiediamo a Pasquale Coppolella, consulente aziendale sulla sostenibilità.
Dottor Coppolella, quali saranno le sfide dei lavoratori nei prossimi anni?
Le sfide saranno tantissime. Non tanto legate alla possibilità di trovare un lavoro, che paradossalmente aumenteranno di parecchio rispetto ad oggi, in quanto le generazioni che stanno andando in pensione sono numericamente molto maggiori di quelle giovani che le sostituiranno, quanto piuttosto alle retribuzioni, che in Italia sono basse e, francamente, non vedo tendenze al rialzo. Più basse della maggior parte dei Paesi in Europa e quindi possiamo già dire che la fuga dei giovani verso l’estero, principalmente Europa, non si arresterà, anzi, il che pone una questione davvero drammatica, che può mettere a rischio il futuro del nostro Paese. Attenzione che, a differenza di quello che si dice, non è solo la fuga dei “cervelli”, intesi come persone con laurea, ma delle risorse in generale: idraulici, elettricisti, falegnami, artigiani in generale. Anche gli altri Paesi stanno subendo una riduzione della popolazione attiva per il lavoro e quindi le risorse vengono contese, non solo quelle giovani. Conosco persone che anche dopo i 40 anni hanno deciso di fare le valigie e andare all’estero. Paghiamo poco le persone, diciamolo. In realtà il costo del lavoro è alto, ma lo Stato lascia troppo poco nelle mani dei lavoratori. In Italia il 95% delle aziende sono medio piccole e vanno aiutate dallo Stato, per metterle in grado di pagare meglio le proprie persone e eliminare il lavoro in nero, un cancro bruttissimo, che alimenta anche l’evasione fiscale. Così non è, lo Stato fa pochissimo, purtroppo. Questo anche dovuto al fatto che quelli che vanno in pensione aumentano, mentre diminuiscono quelli che versano i contributi, per cui la pressione su questi e sulle aziende non è certo destinata a diminuire. Un altro problema, enorme, a livello nazionale è quello della precarietà perenne, stagisti a 30 anni, usa e getta, apprendistato continuo, insomma. Questa è davvero una sfida gigante per il futuro, una vergogna nazionale, che alimenta l’esodo verso l’estero. Ci sono poi le nuove tecnologie (digitalizzazione e intelligenza artificiale.Ndr). Ormai sono imprescindibili e la formazione a tappeto è necessaria e urgente, a tutti i livelli. È un po’ come quando sono arrivati i computer negli anni '80. Bisogna fare in fretta, perché la competitività del nostro Paese dipende dalla velocità con la quale approcciamo la nuova realtà. Per chiudere, citazione speciale per il lavoro femminile, altro cancro nel nostro Paese. In un Paese che non crea asilo nido gratis e veri supporti alla maternità, come avviene in altri Paesi, le donne spesso sono costrette ad abbandonare il proprio lavoro o a non cercarne uno per seguire la crescita dei figli, non tutte hanno i preziosi “nonni” a supporto. Il risultato è che le donne non fanno più figli o al massimo uno in età avanzata. Come non capirle? Questa è una delle cause della denatalità, problema gravissimo. In sintesi: per il futuro non vedo problemi per trovare un lavoro, però ne vedo per le retribuzioni e non vedo miglioramenti significativi sul lato femminile. In un contesto di aumenti di prezzi dei beni al consumo e dei servizi e di carenza di servizi per le famiglie con figli, il vero problema sarà il basso potere di acquisto delle persone, con un degrado della qualità della vita, tendenza che continua ormai da qualche decennio, a prescindere dal colore dei vari governi. Il risultato non potrà che essere un maggior esodo verso l’estero.
Ancora molti, troppi morti sul lavoro. Incuria o difficoltà a lavorare con le specifiche attrezzature?
Quando vedo i numeri degli incidenti sul lavoro in Italia rabbrividisco. Siamo da terzo mondo, con trend che non segnano alcun miglioramento, anzi. Uno dei problemi è di carattere culturale. La sicurezza dovrebbe essere insegnata nelle scuole, mentre oggi la formazione viene fatta, spesso in maniera sommaria, quando la persona inizia a lavorare, a volte considerata come un “fastidio”. Ciascuno dei lavoratori ha seguito il corso obbligatorio previsto dalla legge e molti di essi, ne sono certo per esperienza vissuta, non vedevano l’ora che finisse. La sicurezza, come la sostenibilità, è un costo, un investimento sulla prevenzione, su qualcosa che forse potrebbe accadere. In Italia, purtroppo, non abbiamo una solida cultura della prevenzione, basta vedere le inondazioni a cui assistiamo per non avere investito sulla prevenzione. Aggiungo un’altra cosa importante. Come detto, il tessuto produttivo italiano è fatto per il 95% da piccole e medie aziende, alcune davvero molto piccole. In questi contesti, tristemente, la probabilità che non si dia la giusta attenzione alla prevenzione esiste, intendiamoci, moltissime sono virtuose e di esempio, ma se succedono tanti casi, altri non lo sono. Dipendenti che non usano i cosiddetti DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) dovrebbero subire pesanti provvedimenti disciplinari, fino al licenziamento per giusta causa. Non so in quanti casi questo avvenga e penso che in diverse situazioni “si chiuda un occhio”. La patente a punti, introdotta da Ottobre 2024, non credo abbia prodotto, ancora, grossi risultati, speriamo in bene per il futuro. Devo dire però che la carenza di ispezioni serie e continuative da parte dello Stato è più che evidente. Come vengono decise e fatte? Sono sufficienti? Sono annunciate o a sorpresa? Io sono convinto che se ci fosse in piedi un severo servizio ispettivo, capillare, con sanzioni pesanti, la sensibilità generale aumenterebbe a favore della prevenzione.
Infine le pensioni. Se un lavoratore medio guadagna circa 1500 euro (e di aumenti non se ne parla) potrà vivere dignitosamente con la propria pensione?
Lei ha detto bene: pensione media. 1500 Euro in un mese non sono molti, soprattutto nei casi di coppie a singola entrata pensionistica. Le situazioni che mi preoccupano di più però sono quelle in cui l’importo mensile è sotto il 1000 euro, tante. In Italia circa il 65% delle pensioni è inferiore a 1000 euro, con il 53,7% che riceve meno di 750 euro mensili, percentuale che sale al 64,7% per le donne. Numeri sconvolgenti, da vera crisi sociale, soprattutto se consideriamo che lo tsunami di pensionamenti dei “baby boomers” è in arrivo. Se si può vivere dignitosamente con queste cifre lo possono giudicare i lettori. Dobbiamo prendere atto che siamo una società vecchia, fra le più vecchie in Europa, e i nostri pensionati vanno protetti, hanno fatto la storia e ci hanno permesso di stare dalla parte “dei Paesi ricchi”, ora molto meno, purtroppo. Pensioni da fame non devono esistere più e, ancora più serio, bisogna assicurare una pensione ai più giovani quando ci andranno. L’INPS ha un disavanzo annuale di 9,28 miliardi, una cosa enorme e si prevede un ulteriore buco da 6,6 miliardi nei prossimi anni. Bisogna lavorare a monte e monitorare l’evoluzione demografica, incentivando pesantemente la natalità con supporti reali alle famiglie, non certo bonus ridicoli, stimolando l’occupazione femminile e incentivare i flussi migratori “virtuosi” si, e anche in fretta, fra qualche anno non si troverà manodopera, fidatevi, gestendoli bene, senza retoriche di stampo politico. Stiamo perdendo popolazione e, soprattutto, popolazione attiva lavorativamente, se l’emigrazione, soprattutto quella giovanile, aumenta, chi pagherà la bolletta INPS?
S.D.D.