Il caldo di questi giorni non può che stimolare il bisogno di vacanze, tanto agognate dopo mesi di lavoro. Come tutti gli anni, saranno in tanti a partire alla scoperta delle straordinarie bellezze del nostro Paese o di paradisi all'estero, ma quanto incide il turismo sui parametri di sosteniblità? Lo chiediamo a Pasquale Coppolella, consulente aziendale sulla sostenibilità.
Dottor Coppolella cosa si intende per turismo sostenibile?
Il turismo sostenibile rappresenta un modello di sviluppo turistico che mira a soddisfare i bisogni dei viaggiatori e delle destinazioni ospitanti, preservando al contempo le opportunità per le generazioni future. Si articola su tre pilastri fondamentali: sostenibilità ambientale, economica e socio-culturale, seguendo i principi stabiliti dall’Organizzazione Mondiale del Turismo. Dal punto di vista ambientale, significa minimizzare l’impatto ecologico attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 lungo tutta la catena del valore turistico, dalla mobilità alle strutture ricettive, dalla ristorazione alle attività ricreative. Questo include la gestione responsabile delle risorse idriche attraverso sistemi di raccolta dell’acqua piovana, depurazione naturale e riduzione degli sprechi, l’utilizzo efficiente dell’energia mediante l’adozione di tecnologie rinnovabili come solare, eolico e geotermico, e la protezione attiva degli ecosistemi locali attraverso programmi di restauro ambientale e conservazione della biodiversità. La gestione sostenibile implica anche il controllo dell’inquinamento acustico e luminoso, particolarmente critico in aree naturali sensibili, e l’implementazione di sistemi di gestione dei rifiuti completamente circolari che eliminino il concetto di scarto. Economicamente, implica generare benefici equi e duraturi per le comunità locali, favorendo l’occupazione locale di qualità con salari dignitosi e opportunità di crescita professionale, i circuiti economici del territorio attraverso l’acquisto di prodotti locali e il sostegno alle piccole e medie imprese. Socialmente, significa rispettare profondamente le culture locali evitando ogni forma di mercificazione delle tradizioni, coinvolgere attivamente le comunità nelle decisioni strategiche che riguardano il loro territorio attraverso processi partecipativi democratici e trasparenti, e preservare il patrimonio culturale immateriale includendo lingue, tradizioni orali, saperi artigianali e pratiche spirituali. La dimensione sociale include anche l’accessibilità universale, garantendo che il turismo sia inclusivo per persone con disabilità, anziani e categorie economicamente svantaggiate. In sintesi il turismo sostenibile promuove strutture ricettive eco-compatibili costruite con materiali locali naturali e tecniche costruttive tradizionali, integrate armoniosamente nel paesaggio e alimentate da energie rinnovabili. Favorisce mezzi di trasporto a basso impatto come trasporti pubblici elettrici e incoraggia esperienze autentiche che valorizzano le tradizioni locali, l’artigianato, la gastronomia tipica e le pratiche agricole tradizionali. Inoltre, cruciale è mantenere un numero di visitatori compatibile con la capacità di carico del territorio.
Molti paradisi naturali sono, oggi, invasi da rifiuti. Come è stato possibile?
Questo fenomeno drammatico rappresenta una delle più gravi crisi ambientali del nostro tempo ed è il risultato di molteplici fattori interconnessi che si sono amplificati negli ultimi decenni. Innanzitutto, l’esplosione del turismo di massa ha portato milioni di visitatori in aree precedentemente incontaminate, spesso senza un’adeguata infrastruttura di gestione dei rifiuti, sistemi di controllo efficaci o una pianificazione territoriale appropriata. Il numero di turisti internazionali è passato da 25 milioni nel 1950 a oltre 1,4 miliardi nel 2018, con una crescita esponenziale che ha colto completamente impreparate molte destinazioni, particolarmente quelle nei paesi in via di sviluppo dove le risorse per gestire questo impatto erano già limitate. La cultura dell’usa e getta, amplificata dalla globalizzazione accelerata e dal consumismo sfrenato, ha introdotto massicciamente materiali non biodegradabili come plastica monouso, imballaggi multicomponente sempre più complessi, contenitori per bevande, prodotti per l’igiene personale e oggetti sintetici in ecosistemi fragili che non hanno meccanismi naturali per decomporli o integrarli nei cicli biologici. Le correnti marine globali, veri e propri “fiumi” oceanici, trasportano rifiuti per migliaia di chilometri attraverso i bacini oceanici, concentrandoli in aree remote come atolli sperduti nel Pacifico, isole dell’Oceano Indiano e arcipelaghi dell’Atlantico, creando il fenomeno drammatico delle “isole di plastica” negli oceani, di cui la più nota è la Great Pacific Garbage Patch, estesa quanto tre volte la Francia. Spesso manca una governance territoriale efficace e integrata: molte delle destinazioni naturali più preziose si trovano in paesi in via di sviluppo dove le risorse economiche, tecniche e umane per gestire adeguatamente l’impatto turistico sono drammaticamente limitate o inesistenti. La mancanza di pianificazione territoriale integrata e di lungo periodo ha permesso uno sviluppo turistico completamente incontrollato, spesso caratterizzato da costruzioni abusive, mancanza di depurazione delle acque reflue e assenza di sistemi di raccolta differenziata. Le amministrazioni locali, spesso corrotte o incompetenti, non hanno saputo o voluto implementare politiche di tutela ambientale efficaci.
In che modo è possibile intervenire?
A livello normativo e regolamentare, è assolutamente fondamentale implementare regolamentazioni stringenti e scientificamente fondate per limitare l’accesso turistico attraverso sistemi sofisticati di prenotazione obbligatoria, numero chiuso basato su studi di carrying capacity, zonizzazione dettagliata del territorio che identifichi aree off-limits, corridoi di transito e zone a fruizione controllata. È inoltre necessario obbligare legalmente tutti gli operatori turistici ad adottare pratiche sostenibili certificate attraverso standard minimi obbligatori rigorosi, sistemi di responsabilità estesa del produttore che li rendano responsabili dell’intero ciclo di vita dei prodotti che utilizzano, e meccanismi di monitoraggio continuo con sanzioni economiche realmente dissuasive. La creazione di un sistema internazionale di “passaporto ambientale” per i turisti, che tracci il loro impatto ecologico cumulativo e influenzi l’accesso a determinate destinazioni, potrebbe rappresentare una soluzione innovativa per responsabilizzare i viaggiatori. Dal punto di vista tecnologico e infrastrutturale, dobbiamo urgentemente investire risorse significative in infrastrutture di gestione rifiuti specificamente progettate e appropriate al delicato contesto ambientale locale, includendo impianti di compostaggio aerobico e anaerobico, sistemi avanzati di raccolta differenziata porta a porta, tecnologie innovative per il riciclo chimico e meccanico avanzato, e impianti di trattamento che possano gestire anche materiali complessi e compositi. L’educazione ambientale rappresenta un pilastro strategico fondamentale che deve operare capillarmente su più livelli interconnessi: campagne di sensibilizzazione mirate e personalizzate per turisti prima, durante e dopo il viaggio; formazione professionale continua e certificata per operatori locali, guide turistiche, personale alberghiero e ristoratori che li trasformi in ambasciatori della sostenibilità.
RedAmb