SOSTENIBILITÀ – Sostenibilità e mondo del lavoro: un binomio possibile?

sabato, 16 novembre 2024

RUBRICA – Lavoro poco dignitoso, lavoro troppo tassato, lavoro nero, sfruttamento del lavoro, mancanza di lavoro: le attività professionali gestiscono circa due terzi del tempo di ogni persona e quando queste dinamiche si affacciano è inevitabile un peggioramento significativo sulla qualità della vita. Quanto tutto questo incide in termini di sostenibilità? Lo chiediamo a Pasquale Coppolella, consulente aziendale sulla sostenibilità.

 

Dottor Coppolella, nell'agenda 2030 viene citato il goal "lavoro dignitoso e crescita economica". Cosa significa?

Approfitto innanzitutto per riepilogare, a beneficio dei lettori, cos’è l’Agenda 2030 e la sua struttura. L'Agenda 2030 è un programma d'azione rivolto alle persone, al pianeta e alla prosperità firmato nel settembre 2015 dai governi di 193 paesi membri dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. È un insieme di obiettivi interconnessi, 17 per la precisione, che hanno come intento l'attuazione di una strategia che garantisca un futuro "migliore e più sostenibile per tutti" entro il 2030. In buona sostanza, la Bibbia della sostenibilità economica, sociale e ambientale. I 17 obiettivi sono a loro volta suddivisi in 169 sotto-obiettivi. L’obiettivo a cui lei si riferisce è il numero 8 ed è molto importante, come il titolo sintetico spiega molto bene. Il suo significato si chiarisce meglio analizzando i 10 sotto-obiettivi,  che in pratica si focalizzano sul lavoro e sulla crescita ad esso legata, fissando degli obiettivi chiari e delle scadenze temporali anche intermedie rispetto al 2030. La crescita deve essere garantita perché crea lavoro e, viceversa, il lavoro deve essere garantito, protetto e supportato perché genera crescita, quindi le due cose sono strettamente interconnesse: nessuna crescita senza lavoro, nessun lavoro senza crescita. È bene precisare che si parla di lavoro dignitoso, cioè pagato adeguatamente e in sicurezza per tutti gli individui, senza nessuna forma di sfruttamento, nel rispetto della dignità dei lavoratori.  Se si scorrono i sotto-obiettivi la cosa appare molto chiara: crescita sana, nel rispetto dell’ambiente, per raggiungere la piena occupazione dignitosa e senza sfruttamento nel 2030.  Come dicevo ci sono tappe intermedie. Ad esempio entro il 2022 ridurre drasticamente il numero di giovani disoccupati che non studiano, entro il 2025 eliminare il lavoro forzato e lo sfruttamento del lavoro minorile. Come ho detto, la Bibbia. Se mi chiede a che punto siamo rispetto alla scadenza del 2030 e alle scadenze intermedie, devo dire purtroppo che non siamo vicini. Del resto non credo di dover spiegare molto, basta quello a cui assistiamo tutti i giorni, ove disoccupazione e sfruttamento, con occupazioni sottopagate e condizioni di lavoro orride rappresentano ancora una buona parte della nostra quotidianità. Gli obiettivi dell’agenda dovranno inevitabilmente essere aggiornati al 2050.

 

Oggi molte persone affrontano problematiche legate al lavoro. Dalla disoccupazione al precariato passando per lavori sottopagati. Quanto incide tutto questo sulla sostenibilità di un Paese?

È un dramma per il Paese, enorme, lontanissimo dagli obiettivi dell’Agenda 2030. Se analizziamo bene la situazione, a livello nazionale il problema più grosso è quello dello sfruttamento insito in una buona parte delle offerte di lavoro: camerieri sottopagati con orari massacranti, immigrati schiavizzati, giovani prigionieri degli stage infiniti, infermieri sottopagati, con condizioni e turni impossibili, eccetera. A cui si aggiunge una buona parte di lavoro in nero, spesso gestito con la formula perversa del “metà in busta, metà in contanti”. Quindi, se vogliamo inquadrare quanto sopra nell’ambito dell’obiettivo 8 di Agenda 2030 direi che il lavoro ci sarebbe perché il Paese comunque cresce e allo stesso tempo perde popolazione, quindi più disponibilità di lavoro, ma è ben lontano dall’essere dignitoso. Questa è la chiave: in Italia la mentalità e la situazione del debito pubblico non incentivano il lavoro dignitoso. Il costo del lavoro è enorme e la tassazione altrettanto, spingendo le aziende medio-piccole (che in Italia, a differenza degli altri Paesi, sono oltre il 95%. Ndr) a comportamenti ben lontani dagli obiettivi di Agenda 2030.  Quindi, una buona parte della disoccupazione viene “auto-generata” dal legittimo rifiuto, soprattutto delle giovani generazioni, di accettare condizioni di lavoro non dignitoso, ove viene considerato più dignitoso provare a ricevere sussidi statali, potendo anche contare su genitori che in epoche diverse hanno costruito riserve rassicuranti, a beneficio delle generazioni di giovani attuali, che agli occhi di politici ignoranti, sono etichettati come “bamboccioni”. Questi politici dovrebbero anche chiedersi il perché. Lo sfruttamento è vietato dalla costituzione non solo scoraggiato dall’Agenda 2030.  Paradossalmente, tutti i posti che non vengono coperti significano minore crescita e minore crescita significa meno lavoro generato. Pensiamo al turismo, per esempio e alla carenza cronica di camerieri. Un circolo vizioso mortale. Se non si riforma il mondo del lavoro, diminuendo i costi per aziende, non vedo grosse speranze, ma l’obiettivo è davvero inarrivabile, perché il debito pubblico da ripagare è un deterrente troppo pesante, per governi che restano in carica solo per qualche anno e guardano al breve per avere consenso elettorale. 

 

Cosa possono aspettarsi le nuove generazioni?

Per quanto riguarda la disponibilità di posti di lavoro non credo ci saranno problemi. Per una grande parte dei “boomer” la pensione si sta avvicinando. I posti liberati saranno rimpiazzati da generazioni che sono meno della metà dei boomer. Aumenterà poi in maniera significativa l’offerta di lavoro nel campo dell’assistenza agli anziani. Però questo, se da un lato sembra positivo, dall’altro è molto negativo, perché la riduzione della popolazione significa riduzione della domanda e la domanda è quella che genera la crescita. Significa anche che molte attività non potranno svilupparsi. Significa infine anche che “pochi” devono pagare la pensione per molti, per cui sicuramente, a meno che lo Stato non riesca a stroncare definitivamente l’evasione fiscale, la pressione della tassazione sul lavoro non potrà diminuire.  Quindi io non vedo problemi di occupazione, ma purtroppo di adeguata retribuzione sì. Questo problema sarà anche acuito dal fatto che inevitabilmente l’immigrazione non illegale dovrà essere favorita, se non vogliamo sparire come nazione Italia e la storia insegna che normalmente gli immigrati sono più propensi ad accettare condizioni di lavoro meno dignitose, è successo anche a noi italiani quando siamo emigrati. Prevedo che la fuga di giovani talenti verso l’estero non si arresterà e questo è un grande male.  Pertanto, sulla base di quanto ho detto, la conclusione è che non ci saranno problemi di posti di lavoro, ma di qualità degli stessi e di possibilità di provvedere a se stessi adeguatamente, soprattutto per un giovane, soprattutto se si vive in città dove il costo della vita è impressionante, il che a mio modesto avviso significa tre cose:  aumento di emigrazione di giovani,  aumento del periodo di permanenza presso i propri genitori e beneficio di quanto accumulato dai genitori, che prima o poi non ci saranno più, il che sarà il lascito ai giovani di generazioni più fortunate.

S.D.D. 

 

il Canturino NEWS - supplemento quotidiano a Lario News, testata giornalistica registrata (Tribunale LC n. 234/2015)