RUBRICA - Morire di freddo. pochi giorni prima di Natale. Una vicenda assurda eppure reale, capitata pochi giorni fa a Treviso a Marco Magrin di soli 53 anni. Se un uomo muore di freddo significa che il problema della povertà è urgente, molto urgente. Ne abbiamo parlato con Pasquale Coppolella, consulente aziendale sulla sosteniblità.
Dottor Coppolella, sconfiggere la povertà è uno degli obiettivi dell’agenda 2030. Qual è la situazione in Italia?
Sconfiggere la povertà è l’obiettivo numero 1 dell’agenda 2030 e non a caso, in altre parole direi “è l’obiettivo principale” dell’agenda 2030. Fra i sotto obiettivi ne cito solo due, che sono sufficienti a capire laportata dell’obiettivo stesso. Il primo dice che entro il 2030 bisogna ridurre almeno della metà la quota di uomini, donne e bambini di tutte le età che vivono in povertà in tutte le sue forme, secondo le definizioni nazionali, il secondo si focalizza sull'idea di implementare a livello nazionale adeguati sistemi di protezione sociale e misure di sicurezza per tutti, compresi i livelli più bassi, ed entro il 2030 raggiungere una notevole copertura delle persone povere e vulnerabili. Sono certo che questo richiami immediatamente la nostra situazione in Italia, che personalmente considero grave, o quanto meno peggiore di qualche decennio fa, certamente non in linea con quella che ci si potrebbe aspettare in un Paese progredito, membro del G7 (di cui abbiamo ora anche la presidenza.Ndr). Vediamo prima qualche definizione che può aiutarci. Povertà assoluta: si tratta di una misura basata su un paniere di beni e servizi essenziali, come il cibo, l’abitazione, l’istruzione, la sanità e il trasporto. Il costo di questo paniere determina la soglia minima di reddito necessaria per garantire uno standard di vita accettabile. Chi vive al di sotto di questa soglia è considerato in povertà assoluta, non potendo permettersi beni e servizi essenziali per una vita dignitosa. Le soglie di povertà assoluta variano in base a fattori come la composizione del nucleo familiare, l’età dei suoi componenti e la zona di residenza (Nord, Centro, Sud e Isole). Povertà relativa: questa misura considera il reddito di una famiglia rispetto a quello medio della popolazione italiana. Secondo l’ISTAT, una famiglia è considerata povera in senso relativo se il suo reddito è inferiore al 60% del reddito mediano del Paese. La povertà relativa riflette le disuguaglianze economiche tra i cittadini e permette di individuare chi, pur avendo un reddito sufficiente per le necessità di base, ha uno standard di vita significativamente inferiore rispetto alla media. Entrambe sono necessarie per capire la situazione italiana. Se ci focalizziamo sulla povertà assoluta, sempre secondo l’ISTAT diciamo che per una persona sola che vive in una grande città del Nord Italia, la soglia è fissata a circa 940 euro al mese. Nelle aree del Sud Italia, dove il costo della vita è più basso, la soglia si attesta attorno agli 830 euro mensili. Una coppia che vive in una città del Nord è considerata in povertà assoluta se il reddito complessivo è inferiore ai 1.320 euro mensili. Nel Sud Italia, questa soglia è di circa 1.120 euro. Una famiglia di quattro persone in una grande città del Nord è considerata in povertà assoluta se ha un reddito inferiore a 2.100-2.300 euro al mese. Nelle aree meridionali, la soglia è leggermente più bassa, attestandosi tra i 1.850 e i 2.000 euro mensili. Non credo si debbano spiegare ulteriormente questi dati, ciascuno di noi ne ha una buona consapevolezza. Nel 2024, il numero di famiglie in povertà assoluta è aumentato rispetto agli anni precedenti, raggiungendo circa 2,2 milioni di famiglie, che corrispondono a circa 6,2 milioni di individui, pari al 10,3% della popolazione. Questi dati mostrano come la povertà assoluta sia in crescita, influenzata da fattori come l’aumento dei costi energetici, l’inflazione sui beni di consumo e una crescita dei salari molto inferiore rispetto all’aumento del costo della vita. Nel Nord Italia, la povertà assoluta incide sul 7,8% delle famiglie, mentre nel Sud e nelle Isole raggiunge il 13,8%. Sono numeri impressionanti e da farci rabbrividire. In aggiunta, la povertà relativa ha raggiunto il 13% delle famiglie italiane. Nel Mezzogiorno, la povertà relativa ammonta a circa il 20%, mentre al Nord si attesta intorno al 9%, evidenziando una forte disparità tra le regioni italiane. Sommando i due dati concludiamo che circa un quarto delle famiglie italiane è povera. Un brutta situazione, che purtroppo tende gradualmente all’aumento, man mano che il sistema produttivo e industriale italiano viene gradualmente smantellato (non ultimo il recente caso Stellantis.Ndr).
In che modo è possibile invertire la rotta?
Bisogna creare occupazione pagata adeguatamente, con politiche che la incentivino. Il reddito necessario alla sopravvivenza viene essenzialmente dal proprio lavoro, che in qualche modo contribuisce anche alla nostra dignità di individui. Misure come il reddito di cittadinanza, seppure eque per alcuni casi disperati, attutiscono gli effetti, ma non eliminano le cause, con evidenti sperperi legati ai “furbetti”. Allo stesso modo, misure di deduzioni fiscali: io ci credo poco e credo la maggioranza della popolazione la pensi allo stesso modo. Quindi lavoro ma a stipendio equo, non certamente la miseria che viene corrisposta oggi in Italia, dove i salari medi sono i più bassi in Europa e spesso si è poveri anche se si lavora in due e si è sopra la soglia di povertà relativa. Infatti, sempre secondo I’ STAT, oltre al reddito, esistono altri fattori che influenzano il benessere di una persona o di una famiglia: la salute, l’istruzione e l’accesso ai servizi di base. Per esempio, una famiglia con un reddito leggermente superiore alla soglia di povertà potrebbe comunque trovarsi in condizioni difficili se vive in un’area con accesso limitato ai servizi sanitari o alle strutture educative. Poi davvero “mettere più soldi nelle tasche di chi lavora”: la tassazione sul reddito di quelli più poveri è ancora scandalosa e certo misure di diminuzione della tassazione di qualche punticino o di “zero virgola” non fanno la differenza fra essere poveri e non esserlo. Bisogna andare al nocciolo del problema: eliminare totalmente l’evasione fiscale ( circa 190 miliardi:Ndr) e mettere quei soldi nelle tasche dei poveri: se non aumentano i salari lordi, almeno si abbatte considerevolmente la tassazione, senza mandare a rotoli lo Stato. Ma vedo che sembra “mission impossible”. Inoltre, bisogna ricordarsi da dove viene il prodotto interno lordo italiano: principalmente dalle piccole e medie imprese, che rappresentano oltre il 95% del tessuto produttivo. Continuiamo a dare soldi alle grandi imprese per finanziare crisi e ci dimentichiamo delle percentuali. Il sostegno alle piccole e medie imprese e un’attenzione particolare alle aree più svantaggiate del Paese è un elemento imprescindibile. Inoltre, in un contesto di crescente disparità regionale, sarà cruciale sviluppare misure che favoriscano uno sviluppo equilibrato, investendo in infrastrutture, sanità, istruzione e innovazione nelle regioni più svantaggiate. In definitiva, assistenzialismo misurato e limitato e possibilità di accesso ad un reddito decoroso per tutti. I dati ISTAT dicono due cose inoppugnabili, che fanno riflettere: diminuzione della disoccupazione e aumento della povertà. Qualcosa non torna, o no?
SDD