SOSTENIBILITÀ – Intelligenza artificiale: opportunità o pericolo?

sabato, 4 gennaio 2025

RUBRICA - Nella sua ultima opera, Brief answer to the big questions, il celebre fisico Sthephen Hawking parlava di futuro e di intelligenza artificiale esternando speranze e timori. Speranza per le positive innovazioni che l'IA potrebbe portare nelle nostre vite, timori in merito al fatto che possa sfuggire al controllo umano. Si tratta dunque di una scelta sostenibile? Lo chiediamo a Pasquale Coppolella, consulente aziendale sulla sostenibilità.

Dottor Coppolella, cos'è l'intelligenza artificiale?

L'intelligenza artificiale, o IA (o AI all’inglese, Ndr), è una tecnologia che consente ai computer di simulare l'intelligenza e la capacità di risoluzione dei problemi degli esseri umani. In altri termini, avere una macchina, tipicamente un computer, che ragiona e apprende, sbaglia e si corregge come un essere umano.  Ebbene sì, non parliamo più di fantascienza, ma di fatti concreti, i cui servigi sono ormai a disposizione della comunità. Sentiamo parlare molto di IA generativa, tipo l’ormai diffuso Chat GPT, che  è un tipo di intelligenza artificiale in grado di creare nuovi contenuti e idee, come immagini e video, e anche di riutilizzare le informazioni che già possiede per risolvere nuovi problemi. Può imparare il linguaggio umano, i linguaggi di programmazione, l'arte, la chimica, la biologia o qualsiasi argomento complesso. Anche se ai più potrebbe apparire come una tecnologia nuovissima, in realtà il suo inizio risale agli anni cinquanta e la sua evoluzione è passata per alterne fortune legate agli investimenti, con un’accelerata agli inizi degli anni 2000, in concomitanza con la crescita di potenza dei nuovi computer e lo sviluppo della tecnologia mobile, che ha ampliato a dismisura i consumatori potenzialmente interessati. L’intelligenza artificiale ha diverse aree di specializzazione, quelle più diffuse sono: i sistemi esperti, il riconoscimento del linguaggio naturale e la cosiddetta “computer vision” (riconoscimento delle immagini, Ndr). I sistemi esperti sono stati i pionieri dell’IA ed oggi vengono diffusamente utilizzati, fortemente in ambito medico. I sistemi di riconoscimento del linguaggio naturale sono quelli tipo Chat-GPT, mentre il computer vision è quello che viene utilizzato ad esempio nei sistemi di guida senza autista, che sta prendendo piede in molte parti del mondo. Tutto quanto detto avviene, come per gli esseri umani, tramite dei processi di apprendimento denominati “machine learning” , cioè apprendimento della macchina, e “deep learning” ovvero apprendimento profondo. In altre parole, si tratta di replicare su un computer la struttura del nostro cervello, che funziona tramite le “reti neurali”, connessioni che collegano miliardi di neuroni, le cellule elementari della nostra materia grigia, che ci permettono di apprendere e di ragionare. Per semplificare, faccio un esempio sul computer vision, che spero chiarisca il meccanismo. Un bambino piccolo alla sua nascita non sa cosa sia un cane. La prima volta che ne vede uno e sente i genitori pronunciare “cane” inizia ad associare l’immagine dell’animale alla parola cane. Successivamente, quando ne veda altri, magari di altro tipo, inizia a perfezionare il concetto di cane, fino a quando questo sarà pienamente consolidato nel suo cervello, frutto di decine o centinaia di immagini di cane viste, cosi che quando alla sua vista ne appare uno, l’archivio del suo cervello associa l’animale al suo nome. Di fatto è un processo di addestramento. Con il computer l’operazione è più facile e più veloce, poiché in pochi secondi gli si possono mostrare milioni di immagini di cani, così che quasi immediatamente le “sue” reti neurali costruite artificialmente ne possano ricavare il nome. Ecco qui il concetto di deep learning: le casistiche che possono costruire la base di conoscenza sono enormi e di accesso immediato.  La stessa cosa vale per l’apprendimento del linguaggio naturale e per i sistemi esperti diagnostici: per quelli medici immaginiamo che ad un computer si passi tutta la conoscenza documentata su una malattia .  Così come per l’uomo, la capacità di apprendimento di un computer dipende dalla grandezza delle reti neurali e dal numero di “neuronl” che la compongono, che dipendono dalla potenza dei computer che, come detto, sono sempre più potenti e questa è la chiave di tutto. 

In che modo entrerà nel mondo del lavoro?

La sua domanda è la stessa che mi fecero circa 38 anni fa, quando mi laureai in informatica. Eravamo agli albori e l’arrivo dei personal computer creava eccitazione, curiosità, ma anche molta preoccupazione per la possibile perdita di posti di lavoro. Io stesso non ero certo di quello che sarebbe successo. In realtà quello che avvenne è esattamente quello che prevedo avverrà con l’IA: una trasformazione di certi lavori, la scomparsa di altri e la creazione di altri ancora. Quello che all’epoca sembrava l’inizio della fine ci ha portati a non poterne più fare a meno e siamo ancora tutti qui, con la disoccupazione che è più bassa di 30 anni fa e un numero enorme di addetti nell’informatica a tutti i livelli, oltre che ad un’offerta formativa molto importante che crea posti di lavoro. 

L’IA è particolarmente adatta per automatizzare attività ripetitive e prevedibili, come la gestione dei dati, l’elaborazione di documenti e alcune funzioni di customer service. Questo potrebbe ridurre la domanda di lavoro umano in settori come la produzione, la logistica e l’amministrazione. Esattamente come era avvenuto con l’avvento dell’informatica. Se però da un lato alcune professioni saranno sostituite, dall’altro l’IA creerà nuovi ruoli. Ci sarà maggiore richiesta di esperti in intelligenza artificiale, ingegneri del deep learning e specialisti nella gestione dei dati a tutti livelli, dagli impiegati ai manager. Molti lavori richiederanno quindi nuove competenze, come l’analisi dei dati, la programmazione e la gestione delle tecnologie avanzate. La formazione continua, come detto, sarà essenziale per restare competitivi sul mercato del lavoro. L’IA potrà aumentare l’efficienza di molti professionisti, come medici, avvocati e insegnanti, offrendo strumenti per analizzare grandi quantità di dati o per personalizzare i servizi.  Trasformerà questi ruoli, richiedendo una maggiore collaborazione uomo-macchina. Anche i settori creativi, come la grafica, la musica e la scrittura, vedranno un’integrazione sempre maggiore dell’IA. Tuttavia, la creatività umana resterà un elemento distintivo difficilissimo da replicare. In definitiva, l’IA non eliminerà il lavoro, ma lo ridefinirà. La chiave sarà prepararsi a questi cambiamenti investendo nella formazione e nella capacità di adattarsi a nuove realtà e il ruolo dello Stato sarà fondamentale nell’accelerare questa formazione introducendo, come fatto per l’informatica a suo tempo, lo studio dell’IA già dai primi anni di scuola. E’ un’occasione fantastica per aumentare la competitività del nostro Paese e non un minaccia, speriamo che la classe politica la colga e non si addormenti, perdendosi in retoriche d’altri tempi.

Quali problemi può creare in termini di sostenibilità?

Come ogni cosa, ci sono impatti positivi e negativi.  Provo a sintetizzarli, partendo da quelli positivi. L’IA può migliorare l’efficienza energetica nelle industrie, nei trasporti e nell’agricoltura. Ad esempio, algoritmi di machine learning e deep learning possono ottimizzare l’uso dell’acqua e dei fertilizzanti, riducendo gli sprechi. I sistemi di IA possono analizzare immagini satellitari per rilevare deforestazione, incendi o cambiamenti climatici in tempo reale, facilitando interventi tempestivi. L’IA può supportare lo sviluppo di reti energetiche intelligenti, che integrano meglio le energie rinnovabili come il solare e l’eolico. I sistemi di ottimizzazione basati sull’IA possono ridurre le emissioni di CO₂ nei trasporti, ad esempio, ottimizzando i percorsi di consegna, e nella produzione industriale. L’IA può facilitare il riciclo e il riutilizzo dei materiali attraverso la classificazione automatica dei rifiuti e la progettazione di prodotti più sostenibili. Analizzando grandi quantità di dati, l’IA può prevedere disastri naturali e aiutare nella gestione delle emergenze. Ecco invece alcuni dei principali impatti negativi. Gli algoritmi di IA e i grandi modelli di machine learning richiedono una potenza computazionale significativa, che può comportare un alto consumo di energia e un’impronta di carbonio elevata. La produzione di hardware per l’IA, come chip avanzati, comporta l’estrazione di materiali rari, con impatti negativi sull’ambiente e sulle comunità locali. Se non gestita equamente, l’IA potrebbe accentuare le disparità economiche e sociali, concentrando ricchezza e potere in poche mani, ecco perché lo Stato deve giocare un ruolo fondamentale e farlo a tempo debito. E’ necessario che ai tre punti che ho elencato venga data attenzione, favorendo modelli e algoritmi a basso consumo energetico, incentivando un ciclo produttivo circolare per i dispositivi elettronici e creando standard per garantire un uso equo e sostenibile dell’IA, evitando abusi. In conclusione, l’IA può essere un potente alleato per la sostenibilità, ma è essenziale gestirla in modo responsabile per minimizzare i rischi e amplificare i benefici.

SDD

 

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