RUBRICA SOSTENIBILITÀ- Migrazione sostenibile: una scelta possibile?

venerdì, 18 giugno 2021

RUBRICA SOSTENIBILITÀ - Il concetto di migrazione è fonte di molti scontri politici, sociali ed economici: una tematica complessa, con al centro esseri umani, che andrebbe affrontata sotto ogni punto di vista con cautela, attenzione e consapevolezza.

L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, riconosce la migrazione come elemento fondamentale di sviluppo, una svolta importante nel concetto di sostenibilità come sottolineato anche da Pasquale Coppolella, consulente aziendale di sostenibilità.

Dottor Coppolella, l’Agenda 2030 riconosce e integra la migrazione come elemento fondamentale di sviluppo. Cosa ne pensa?

Il tema in oggetto è molto delicato, soprattutto nel nostro Paese, dove purtroppo è stato ed è ancora strumentalizzato a livello politico. Il mio è un pensiero tecnico, assolutamente allineato con l’obiettivo 10 dell’Agenda 2030, che definisce le migrazioni controllate e gestite come una risorsa per lo sviluppo globale e di questo parlerò. Diciamo subito un cosa però, le migrazioni di oggi non sono nulla di diverso da quello che sono sempre state: una costante di ogni comunità e di ogni generazione, di ogni periodo storico e di ogni Paese, siano esse volontarie o forzate. Noi Italiani abbiamo una lunga storia di migrazione, indotta dalla povertà. Quindi, nulla di nuovo: la bella novità è però che ora l'Agenda 2030 ne evidenzia a tutti, senza mezzi termini e con argomentazioni reali, l’importanza per lo sviluppo mondiale.

Infatti, a prescindere dalle opinioni politiche è un fatto innegabile che i migranti favoriscano il commercio e gli investimenti, in moltissimi casi portando innovazione, competenze e conoscenze sia nei propri Paesi di origine che in quelli di destinazione. Inoltre, i lavoratori migranti aiutano a risolvere due grossi problemi dei Paesi di destinazione. Il primo è quello della manodopera, una grande risorsa per molti di questi Paesi, stimola l'economia e incrementa il gettito fiscale, il che crea un maggior numero di posti di lavoro. Le notizie recenti ci dicono che a causa del Covid manca personale nella ristorazione e nell’accoglienza e una buona parte è personale migrante. Un buco che, se non colmato, può fare danni notevoli al PIL nazionale. Certo, in alcuni casi è un tipo di manodopera sfruttata  ma lo sfruttamento è una cattiva pratica a prescindere e ha a che fare con un' orribile mentalità che può colpire chiunque, purtroppo.  Il secondo problema è di tipo demografico:  i migranti consentono infatti di riempire  le lacune a livello demografico nelle società più vecchie, la nostra è fra quelle e il numero di nascite annuali è diminuito in modo preoccupante negli ultimi 20 anni. 

Un parte dei guadagni ottenuti nei Paesi di destinazione vengono inviati ai Paesi di origine, favorendo lo sviluppo dell’istruzione, della sanità e delle attività economiche dei Paesi di origine,  esattamente quello che è successo agli italiani qualche decennio fa. Fornire quindi ai migranti gli strumenti per poter supportare lo sviluppo dei propri Paesi è diventato uno degli obiettivi dichiarati nell’Agenda 2030.

Il fenomeno migratorio spesso è il frutto di terribili disuguaglianze sociali. In che modo la disuguaglianza sociale incide sulla sostenibilità?

Disuguaglianza sociale significa povertà diffusa,  povertà vuol dire disperazione e disperazione, in molti casi, significa che la sostenibilità per la gente povera, soprattutto quella ambientale, è un lusso da Paesi ricchi. Una cosa agghiacciante. Disuguaglianza sociale vuol dire azioni sconsiderate verso l’ambiente per sostenersi alla meglio: bracconaggio, che distrugge specie e biodiversità, innescando cicli biologici innaturali, deforestazione, che diminuisce la quantità di ossigeno in regime di costante crescita demografica, cioè meno ossigeno e più esseri respiranti! Si, forse per loro la sostenibilità è un lusso, ma noi dobbiamo esserne consapevoli. Le disparità sociali sono diffuse in molte aree delle terra dove ci sono risorse naturali indispensabili per la sopravvivenza del nostro pianeta e quindi nostra. Dobbiamo essere certi che chi convive con queste risorse non veda la sostenibilità come un lusso, ma per far questo è necessario un mondo più equo, dove la povertà non sia un problema gigantesco, come oggi. Non è solo una questione di generosità, ma è soprattutto una questione di sopravvivenza di tutti. E’ ora da capirlo e smetterla di comportarci come abbiamo fatto fino ad ora.

L'equità sociale è uno dei cardini della sostenibilità e dovrebbe coinvolgere tutti gli abitanti del mondo. Se viene a mancare agli altri siamo portati a pensare che, in fondo, sia un problema che non ci riguarda. E’ davvero così?

Chiedere se l’equità sociale in Paesi ricchi sia considerato “un problema di altri” ha una sola risposta: si! Non siamo stati preparati culturalmente al fatto che in un mondo globalizzato dobbiamo preoccuparci di tutti, perché se non lo facciamo non saremo più sostenibili, nessuno di noi.

Guardi la situazione del Covid, che per me fotografa bene il concetto. Ci stiamo vaccinando tutti nel mondo occidentale, potendo comprare i vaccini, ma ben pochi nei Paesi poveri. Abbiamo sperimentato a nostre spese quanto globalizzato sia il mondo e quanto un virus possa diffondersi rapidamente. Ebbene, i Paesi poveri che non possono permettersi il vaccino non sono un problema “che non ci riguarda”, ci riguarda eccome, esattamente come ci riguarda la loro gestione dell’ambiente. Se non vacciniamo anche loro, potrebbero generarsi varianti pericolose tali da invalidare i nostri vaccini e diffonderle nel resto del mondo. Abbiamo assistito durante il G7 alle dichiarazioni dei capi di stato riguardo alla donazione di vaccini ai Paesi poveri. Generosità? Personalmente dico: solo in parte, è un’azione protettiva globale, non dei Paesi poveri. Ecco, questo è il concetto: così come per il vaccino, che può avere ripercussioni mondiali, anche la non equità sociale può avere effetti planetari, molti già in atto. Se culturalmente non siamo preparati per accettare il concetto di “aiuto fine a se stesso”, almeno però facciamolo per le future generazioni.

S.D.D.

 

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