RUBRICA - Tema sensibile, sensibilissimo quello della carne coltivata, comunemente detta carne sintetica. Orrori degli orrori per qualcuno, possibilità per scongiurare l'inevitabile insostenibilità della produzione di carne per altri. Di fatto, ad oggi, la carne sintetica è in fase di studio e non apparirà a breve nei nostri supermercati. Tra fake news che veleggiano su entrambi i fronti, favorevoli e contrari, cercheremo di fare chiarezza insieme a Pasquale Coppolella, consulente aziendale sulla sostenibilità.
Dottor Coppolella, quando parliamo di carne sintetica a cosa ci riferiamo esattamente?
La carne sintetica, o carne coltivata, è un tipo di carne prodotta in laboratorio utilizzando tecnologie cellulari e di ingegneria dei tessuti. In sostanza, si prelevano le cellule animali da un animale vivo e si coltivano in un ambiente di laboratorio. Qui sono nutrite e coltivate in modo da svilupparsi in un tessuto muscolare. Questo tessuto viene poi raccolto e lavorato per creare prodotti alimentari simili alla carne tradizionale. Di fatto possiamo dire che la carne sintetica, a parte forse il gusto e l’aspetto, che nella carne tradizionale appare rosso a causa del sangue dell’animale, ma questo dettaglio non si presenta per esempio nella carne di pollo, dovrebbe avere caratteristiche nutrizionali molto vicine a quelle della carne tradizionale. Volendo essere più specifici nel processo produttivo, per la sua creazione si esegue una biopsia sui muscoli dell’animale per estrarre cellule staminali. Fino ad oggi, ciò è stato sperimentato su bovini, polli, tacchini, maiali, pesci e anatre. Le cellule staminali estratte vengono quindi trasferite in un bioreattore, che riproduce le condizioni ottimali di temperatura, aerazione e flusso di nutrienti per le colture cellulari e qui vengono fatte proliferare fino al raggiungimento della concentrazione desiderata. Le cellule staminali diventano alla fine del processo cellule muscolari. Oltre all’ambiente adeguato, ovvero il bioreattore, servono anche altri due elementi di supporto: un siero che aiuta le cellule a moltiplicarsi e a differenziarsi, attualmente quello che funziona meglio è il siero fetale bovino che si ottiene dal sangue raccolto dal feto di bovine gravide durante la macellazione; il secondo elemento è una superficie su cui far orientare la crescita delle cellule, in modo da conferire loro una struttura tridimensionale. Questo alimento è ancora in fase di sviluppo e ha produzione su scala ridotta e i costi di produzione sono molto elevati, mentre la carne tradizionale è relativamente economica, ma i costi ambientali e sanitari associati alla sua produzione e consumo sono molto elevati. Comunque, c’è ancora molto da studiare. Basti solo pensare al fatto che, ad oggi, in Italia e negli altri Paesi europei la produzione e la commercializzazione sono vietate.
Introdurre questo alimento potrebbe migliorare alcune problematiche legate alla sostenibilità?
Un tema molto caldo e dibattuto, direi molto delicato. Trattandosi di un argomento ancora in fase di studio, normalmente le miei indicazioni son molto caute e, in alcuni casi, del tutto ipotetiche. Dobbiamo ricordare ai lettori i tre pilastri sui cui si fonda la sostenibilità: ambientale, economico ed etico/sociale (le famose 3 E che ripetiamo spesso: Ecologia, Economia, Etica. Ndr). Certamente, guardando ad oggi, nessuno di questi pilastri sembra essere soddisfatto: il processo di produzione della carne coltivata implica una impronta di carbonio, anidrite carbonica prodotta, cinque volte maggiore rispetto a quella del pollo, ha dei costi di produzione altissimi e sul fronte etico dell’essere umano, ci sono discussioni molto importanti, insieme ad un generalizzato scetticismo. Però la risposta alla sua domanda passa dal superamento ipotetico di questi limiti, al quale si sta lavorando alacremente. In quest’ottica, ebbene, ci sono ottime ragioni per quanto riguarda la sostenibilità. Abbiamo più volte detto che l’industria della carne e dell’agricoltura ad essa collegata è uno dei principali inquinatori e di generazione del riscaldamento globale e anche che la richiesta mondiale di carne sta aumentando col miglioramento delle condizioni di vita. Ricordiamo che le 2050 saremo 10 miliardi, 2,5 miliardi in più di oggi, e il rischio che le emissioni aumentino fortemente e le superficie coltivabili siano sempre di più sottratte alle coltivazioni per gli esseri umani a favore dell’alimentazione animale è molto evidente. Di fatto, e questa non è una semplice ipotesi, la produzione della carne sarà totalmente insostenibile, anche a causa della grande necessità di acqua che è diventata una risorsa sempre più scarsa. Ignorare quanto sopra lo considero un atto di grave irresponsabilità. Quindi qualcosa bisogna fare: ad oggi questo qualcosa risiede nel tentativo della carne sintetica, almeno è un tentativo. Magari fallirà, ma almeno marca il punto sulla insostenibilità attuale. Se vogliamo aggiungere altre caratteristiche per la sostenibilità: possibilità di evitare la macellazione degli animali, la produzione di carne coltivata dovrebbe essere altamente controllata, con verifiche periodiche e non dovrebbe contenere additivi né coloranti artificiali, né antibiotici. Se vero, e ripeto, se vero, una buona cosa.
Quali, invece, potrebbero essere i problemi?
Come detto, se l’impronta di carbonio per la produzione di carne sintetica non diminuisce in maniera considerevole, andiamo a finire dalla padella nella brace. Oggi siamo in questa situazione, che dovremmo rivedere fra almeno 10 anni, insieme ai costi, che oggi sono proibitivi e, francamente, non vedo svolte importanti a breve. Aggiungo che questa sarebbe una rivoluzione su scala mondiale per quanto riguarda l’occupazione nel settore dell’allevamento, che crollerebbe inesorabilmente, con difficoltà di riallocazione delle risorse attuali e problemi sociali. Inoltre, per i veri amanti della carne, va detto che è molto difficile riprodurre esattamente tutte le caratteristiche organolettiche – come gusto, odore, consistenza – della carne tradizionale, anche se con il tempo si potrà giungere a un risultato simile all'originale. A questo aggiungo la mancanza di tessuti di scarto (come le ossa), che può rappresentare un limite per le applicazioni culinarie, rendendo impossibile la preparazione di cibi che riproducano specifiche parti anatomiche (per esempio le cosce di pollo, Ndr). Infine, pur non essendoci studi scientifici che mettono in luce possibili rischi concreti sul benessere dell’organismo di una dieta particolarmente ricca di carne sintetica, saranno necessarie ulteriori indagini prima di farlo diventare un cibo di utilizzo quotidiano. Insomma restiamo sempre nell’ambito delle ipotesi. Ad oggi l’unico Paese che ha autorizzato l’uso di carne sintetica è Singapore, con Israele che sta sperimentando, sempre più convinto, anche per quanto riguarda le proprie certificazioni kosher.
Voglio terminare sottolineando un elemento che potrebbe sfuggire ai più: così come si parla di sovranità energetica ovvero dipendenza o meno da altri Stati, si parla anche di sovranità alimentare, tanto che il nostro governo ha creato un ministero apposta. Ebbene, ci sono Stati che sono alla porta e ci stanno pensando, soprattutto quelli ad alta densità abitativa e poca superficie coltivabile: sarà un caso che Singapore è già partito?
S.D.D.