FRONTALIERI – Dietrofront: si rifà il referendum. Raccolte 100mila firme

venerdì, 21 agosto 2015

dogana chiassoCOMO - Dopo il voto del febbraio del 2014, i cittadini elvetici potrebbero essere chiamati, di nuovo, a esprimersi sul delicato tema della chiusura dei confini rispetto alla manodopera straniera. Lo scrive Roberto Canali sul quotidiano Il Giorno. A un anno e mezzo dal referendum, dove si parlava di regolamentazione dei rapporti con l’UE che ha minacciato di bloccare il trattato di Schengen anche per merci e valuta, adesso la parola passerà di nuovo alle urne, per una nuova consultazione sempre sul tema dei contingenti all’immigrazione.

Il ritorno ai contingenti oltre a non aver convinto i frontalieri, ma questo era più scontato, ha infatti provocato danni seri all’intera economia elvetica.

"Troppa burocrazia" si sono lamentati gli industriali della Confederazione, guidati dal titolare della Swatch che nella sua azienda, pur di mantenere i prezzi concorrenziali, non ha mai fatto mistero di fare ricorso anche alla manodopera che risiede all’estero. Come lui moltissimi industriali non solo nei Cantoni di confine, dove il fenomeno del frontalierato muove ogni anno 287mila persone, ma anche all’interno.

Non si tratta solo di trovare commesse, muratori e operai, tra i frontalieri ci sono anche molti manager delle multinazionali, direttori di banca, avvocati, medici e specialisti. Professionisti che non faticherebbero anche a lavorare nello Stato di residenza, costretti nelle scorse settimane a mettersi in fila nelle Questure per chiedere il loro certificato penale al casellario giudiziario, per essere in regola con l’ultima trovata, poi sconfessata dal Consiglio Federale, di Lega dei Ticinesi e Udc a capo del Canton Ticino.

Se a questo si aggiunge il cambio alla pari tra franco ed euro, che ha reso meno competitivi i prodotti Made in Suisse e il recente referendum sul salario minimo garantito, si capisce perché a solo un anno e mezzo di distanza c’è gran voglia di cambiare idea sulla chiusura alla manodopera dall’estero, anche senza bisogno di dire che ci si è sbagliati.

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