L’INTERVISTA – Il Teatro San Teodoro fra tradizione e futuro: parla Galetti

mercoledì, 27 settembre 2017

CANTÙ - Da secoli il luogo teatrale rappresenta il cuore pulsante di ogni città, l’anello di congiunzione che collega l’arte con le dinamiche sociali, il centro di socializzazione e condivisione della comunità.

In questa dimensione si colloca il Teatro San Teodoro, attivo dal 2011 dopo un periodo di restauro che l’ha riportato all’antico splendore e pronto a una stagione ricca di contenuti ci assicura Dario Galetti, fondatore della società Mondovisione che ha in gestione il teatro.

Stagione 2017/2018: cosa prevede la vostra programmazione?

Offriremo un’ampia scelta: prosa, eventi, cabarettificio, sinfonica cameristica e spettacoli destinati alla famiglia. A tutto questo affiancheremo un progetto chiamato musicamorfosi che offrirà un percorso musicale inedito e sperimentale.

Con quale criterio operate le vostre scelte artistiche?

Cerchiamo sempre di privilegiare compagnie emergenti ma con un valore riconosciuto che ne comprovi la qualità. Alcune di loro ci vengono segnalate, altre le scopriamo noi stessi durante i molti eventi e rassegne a cui partecipiamo.

Che tipo di suggestioni desiderate offrire al vostro pubblico?

La nostra scelta privilegia la drammaturgia moderna e le tematiche attuali. Cerchiamo di dare allo spettatore degli spunti di riflessione, qualcosa che possa generare un punto di vista critico e costruttivo.

Il teatro italiano sta vivendo un periodo di crisi?

In linea generale direi di sì, ma non è il nostro caso. Questo perché abbiamo puntato sul concetto di accessibilità, di teatro per tutti e aperto a tutti allontanandoci dallo stereotipo che lega il teatro a un target di nicchia. La nostra gestione e la nostra comunicazione propongono un modello di teatro che accoglie, in cui ci si sente a proprio agio.

È possibile coniugare la dimensione teatrale a un contesto dominato dai social network come quello attuale?

Sicuramente, anzi credo che l’invasione dei social in qualche modo favorisca il teatro. L’abbondanza di immagini e informazioni a flusso continuo che ci investono quotidianamente ha spesso come reazione proprio la ricerca di stimoli con tempi e modalità diversi. In teatro è possibile estraniarsi dalla realtà per entrare in una dimensione immaginaria in grado di depositare dei contenuti che anziché dileguarsi si sedimentano.

Sempre più spesso assistiamo alla commistione tra teatro e tecnoarte che vede l’inserimento di opere tecnologiche all’interno dello spettacolo. Pensate che lo scenario teatrale del futuro evolverà in questa direzione?

È altamente probabile, questa fusione rappresenta l’apertura del teatro nei confronti del cambiamento tecnologico e sociale che stiamo vivendo. Siamo molto sensibili e favorevoli a questo tipo di sperimentazione, noi stessi abbiamo prodotto spettacoli di questo tipo.

Una dimensione di incontro e condivisione, dunque, con solide radici e lo sguardo rivolto al futuro.

Simona Di Domenico

 

 

 

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