L’INTERVISTA – Quando l’amore vince sul dolore: Il sogno di Ale onlus

venerdì, 14 settembre 2018

CANTÙ – Nulla sconvolge quanto il dolore e per quanto l’essere umano tenti in tutti i modi di rifuggirlo lui troverà sempre il modo di bussare alla sua porta: è una verità inconfutabile e inevitabile.
E noi lo odiamo. Odiamo il dolore perché ci rende come viandanti ciechi in balia di una tempesta che ci schianta a terra, senza risposte.

Da questo confronto ogni essere umano reagisce, quando lo fa, con gli strumenti che ha: c’è chi si chiude dietro un muro di cinismo, c’è chi lo trasforma in odio verso il prossimo, c’è chi manifesta indifferenza e poi affonda in uno dei tanti baratri della depressione. E poi ci sono coloro che lo trasformano in amore donando un senso compiuto alle parole uomo e donna.

Il sogno di Ale onlus nasce dai familiari e amici di Alessandro Bianchi, morto a causa del sarcoma di Ewing a soli diciotto anni. Durante la malattia, Alessandro aveva maturato il desiderio di dare vita a un’associazione in grado di sostenere finanziariamente la ricerca oncologica in ambito pediatrico e dal 2010 il suo sogno è diventato realtà grazie alla perseveranza di Raffaele Bianchi, padre di Alessandro e fondatore della onlus.

Il sogno di Ale onlus nasce da un desiderio maturato da Alessandro durante la sua malattia.

Sì. Alessandro voleva fondare un’associazione in grado di raccogliere fondi da destinare all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Durante la degenza, aveva capito che i finanziamenti per le ricerche sulle malattie rare, come la sua, provenivano prevalentemente da privati perché le case farmaceutiche e la sanità pubblica investivano soprattutto su malattie con numeri più ingenti. Da qui il suo sogno di fondare questa onlus, che noi abbiamo realizzato.

Quali sono le vostre attività?

Abbiamo una serie di appuntamenti, alcuni dei quali fissi quali il Motogiro il sogno di Ale, due spettacoli teatrali e una cena sociale. A quest’ultimo evento siamo particolarmente legati sia perché Alessandro era appassionato di cucina, sia perché rappresenta la data in cui facciamo il punto della situazione sulla onlus e sui fondi raggiunti. La cena sociale è interamente e generosamente supportata dall’associazione Cuochi di Como con la collaborazione dell’Istituto Alberghiero Romagnosi che Alessandro frequentava come studente.

La vostra onlus è supportata da numerosi volontari.

Assolutamente sì. Abbiamo un gruppo formato da circa venti persone con le loro famiglie cui si aggregano le numerose associazioni che ci sostengono in tutte le nostre iniziative: la comunità del nostro territorio è stata molto solidale con noi ed è grazie a loro che, ad oggi, siamo riusciti a donare circa duecentocinquantamila euro alla ricerca.

Essere entrati in contatto con una malattia così rara come il sarcoma di Ewing vi ha fatto sentire soli?

Fortunatamente no. L’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che ha avuto in cura Alessandro, ci ha sostenuto nel migliore dei modi possibili non solo dal punto di vista clinico ma anche sul piano umano e psicologico: loro sono uno splendido esempio di sanità pubblica capace e professionale.

Sostenere la ricerca è molto importante.

È l’unico modo per sconfiggere le malattie. Nel 1975 su cento bambini che contraevano il sarcoma di Ewing solo trenta riuscivano a sopravvivere mentre oggi, grazie alla ricerca, il numero è salito a settanta. È un grande risultato ma bisogna continuare a lottare per quel restante trenta per cento rappresentato da famiglie che vengono investite da un immenso dolore.

Un dolore difficile da spiegare.

Cambia completamente la percezione della vita: l’esistenza è un dono prezioso e ogni bambino che riusciremo a salvare rappresenterà la nostra vittoria più grande.

Progetti futuri?

Vorremmo poter sostenere progetti europei dediti alla ricerca oncologica in campo pediatrico attraverso l’unione con altre realtà associative.

Simona Di Domenico

 

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