INTERVISTA – La psicologa Montorfano: “Il Covid-19 svela le nostre fragilità”

venerdì, 8 maggio 2020

CANTÙ -  E un giorno arrivò il Covid-19 e tutte le certezze vennero spazzate via. Salute, routine, economia, sistema scolastico, l'addio ai defunti e il nostro modo di relazionarci all'ambiente e agli altri  (così consolidato e scontato) sono improvvisamente caduti in balìa di un piccolo organismo, invisibile ma capace di distruggere tutto ciò che avevamo faticosamente costruito, sfuggendo al nostro controllo.

La fase 1 ha visto una lunga quarantena che ci ha obbligati a restare a casa, come declamava il celebre hastag, mentre la fase 2, appena cominciata, vede una prudente e responsabile ripresa. Nel mezzo camion carichi di salme, medici ed infermieri esausti, paura del contagio e la preoccupazione per la crisi economica che tutto questo potrebbe generare.

Ci siamo aggrappati alle parole Andrà tutto bene con la stessa tenacia con cui teniamo saldo l'ombrello quando vento e pioggia infuriano su di noi, un mantra recitato con speranza mentre osserviamo l'ingorgo che inghiotte il mondo che conoscevamo.

Pensare che tutto questo non andrà ad incidere sul nostro equilibrio psicologico è pura utopia, la domanda vera è: in che modo lo farà? Domanda affidata a Emma Montorfano, psicologa e psicoterapeuta di Cantù.

Dottoressa Montorfano, quali possono essere le conseguenze psicologiche del periodo che stiamo vivendo?

Stiamo vivendo un momento di profonda incertezza, non sappiamo cosa succederà e questo ci porta a vedere il futuro come qualcosa di imprevedibile. Ci sentiamo passivi, immobili e incapaci di capire cosa sia meglio fare e tutto questo provoca una confusione che coinvolge pensieri ed emozioni facendoci passare da uno stato d'animo all'altro. A questo si aggiunge la perdita di cognizione del tempo e della nostra rassicurante routine. Questo ha generato in tutti noi un fortissimo stress che, come noto, ha pessime conseguenze sia dal punto di vista fisico che emotivo.

La solitudine forzata è sempre un male?

Dipende dalla persona. Questa situazione ci ha messi di fronte alle nostre fragilità, spesso nascoste. Alcuni riescono a gestire bene questa solitudine riuscendo a scoprire aspetti positivi e nuove risorse di se stessi, altri faticano molto di più. I primi non sono migliori dei secondi, si tratta semplicemente di approcci differenti.

Quali sono i soggetti a rischio?

Alcuni avevano già problematiche pregresse, enfatizzate da questo periodo. Anche le persone che vivono da sole possono essere a rischio perché vengono a mancare le poche occasioni di socialità. Aggiungo i bambini che percepiscono lo spaesamento dei genitori infine, molto importante, tutti coloro che vivono in contesti familiari disfunzionali dominati dalla violenza.

La violenza domestica rischia un pericoloso incremento in questo periodo. Cosa sente di consigliare a chi sta vivendo questa situazione?

I casi di violenza di questi giorni non sono frutto della quarantena ma di dinamiche disfunzionali già presenti e se prima dell'emergenza la vittima non era riuscita a chiedere aiuto, credo che difficilmente lo farà ora. Il consiglio che posso dare è quello di avvicinare persone di fiducia per farsi aiutare o contattare i numeri di emergenza istituti (il numero 1522, servizio pubblico della Presidenze del Consiglio-Dipartimento Pari Opportunità, attivo 24 ore su 24, anche in chat. È possibile pure rivolgersi al proprio farmacista con la frase: "Vorrei una mascherina 1522" per attivare l'allerta. NDR). 

Alla violenza domestica si unisce quella sui social.

L'emergenza ha scatenato reazioni quali ansia e rabbia che si attivano sempre in situazioni di pericolo. La rabbia, spesso scagliata contro qualcuno o qualcosa, ci permette di riprendere il comando: identifico quella che credo sia la fonte del mio malessere e attraverso lo sfogo della mia rabbia posso placare l'ansia che mi investe nel momento in cui non ho il controllo della situazione. Tuttavia si tratta di strategie inefficaci che hanno durata breve perché dietro la rabbia c'è sempre una paura o un bisogno insoddisfatto che non riusciamo ad affrontare e fino a quando non saremo in grado di farlo cadremo sempre in questi meccanismi.

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I social possono anche incrementare la cultura del sospetto attraverso fake news, illazioni prive di fondamento scientifico o presunte verità nascoste.

Farei un passo indietro cercando di capire il perché di una ricerca forsennata di informazioni. La risposta è il bisogno di avere certezze. Più siamo in ansia più cerchiamo informazioni per poter decodificare una situazione che sfugge al nostro controllo. Un meccanismo controproducente perché anziché placare lo smarrimento lo alimenta, soprattutto quando ci si imbatte nelle fake news. A questo si aggiunge il fatto che la scienza ha bisogno dei suoi tempi per elaborare risposte certe e, in qualche modo, le fake news colmano questa attesa dandoci delle certezze illusorie, destinate a sgretolarsi. Il problema è sempre a monte, nelle fragilità che non riusciamo ad affrontare.

Andrà tutto bene. Davvero?

In questo periodo ci spingono ad essere positivi e a reinventarci. Non è sempre possibile e se si è presi dallo sconforto non c'è nulla di sbagliato in noi: l'essere umano può provare diverse emozioni che sono tutte legittime e vanno ascoltate, non represse. Bisogna chiedersi sempre di cosa abbiamo bisogno e da lì partire per trovare le strategie personali che possano aiutarci a far fronte alle difficoltà.

SDD

 

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