AMBIENTE – “La caldazza immonda” spiegata dal Centro Meteo Lombardo

giovedì, 27 giugno 2019

VALSASSINA - Usa uno scatto sulle Grigne, nel lecchese, il Centro Meteorologico Lombardo per spiegare il caldo storico di questi giorni che sta facendo boccheggiare tutta la Regione, pubblicando con competenza ed un tocco di ironia degli "appunti freschi freschi" su cosa stia succedendo sopra le nostre teste.

La parola agli esperti:

Appunti freschi freschi (ahah) alla vigilia di una giornata storica per la meteorologia lombarda. Buona lettura.

Gruppo delle Grigne, avamposto lecchese delle Prealpi Lombarde. Ottimo punto di osservazione della massa d’aria racchiusa nel catino padano. Le due foto di mercoledì 26 giugno 2019 sono riprese rispettivamente dal vicino Orscellera dei Piani di Bobbio, 1850 m slm, e dalla vetta stessa della Grigna Settentrionale, 2410 m slm (fonte: panomax.com).

L’atmosfera sopra le nostre teste è attualmente divisa in due porzioni dalle caratteristiche distinte, la cui discontinuità è tradita da quel sottile tappeto di cumuletti, un piano immaginario posto a circa 1800m di altitudine.
Sopra tale quota scorre aria forestiera, molto calda e secchissima, dunque il cielo è blu dipinto di blu. Chi oggi ha avuto modo di praticare escursioni in vette alpine, oltre ad essere felice di stare lassù, avrà sicuramente notato il contesto fuori dall’ordinario, con temperature incredibili (circa 25°C a duemila metri, quasi 20°C a tremila metri, zero termico pomeridiano ad oltre 4600m). Non che sia gradevole né desiderabile, ma con 47 borracce d’acqua, all’ombra, si poteva bivaccare l’alpeggio in discreto relax.
Da quel limite di circa 1800m fino a fondovalle, invece, staziona aria padana, molto più carica di umidità, dunque afa a foschia a profusione, con bassa visibilità orizzontale. Una caldazza immonda, per usare una definizione estremamente tecnica.

Questa dicotomia è fortemente caratteristica del nostro contesto padano, un’ampia pianura cinta da una catena quasi ininterrotta di monti (chiaro omaggio al Don Lisander), una sorta di “contenitore” d’aria dove il rimescolamento dei medio-bassi strati, in condizioni d’alta pressione, è attivo in senso orizzontale – regime di brezze – ma è fortemente inibito in senso verticale.
Orbene: nella giornata di giovedì 27 giugno una progressiva accelerazione della ventilazione sinottica dai quadranti settentrionali tenterà l’assalto a quell’orrida palude che potete apprezzare negli scatti di cui sopra, qualora non l’abbiate già fatto col vostro naso. La Legio V Alaudae, in forza a valorosi Galli transalpini con occhi di bragia, aumenterà la pressione a ridosso della catena alpina, innescando entro il pomeriggio/sera una ventilazione di caduta (favonio) a partire dai primi fondovalle retici (Valchiavenna uber alles). Tale processo determinerà sostanzialmente due effetti:

1) un repentino calo igrometrico, con aumento della visibilità orizzontale anche a bassa quota;

2) un corrispondente aumento termico, all’audace conquista dello “spauracchio farmaceutico” dei 40°C, valore stracciato più volte secondo diversi scapestrati termometri ad uso televisivo – non idonei alla misura della reale temperatura dell’aria sotto i raggi solari – ma mai superato nelle serie storiche ufficiali della meteorologia lombarda).

Sotto il profilo del disagio fisiologico non cambierà granché: più calore e meno umidità equivalgono a meno calore e più umidità. Dove non si spingerà la pressione del favonio al suolo le condizioni resteranno di intensa calura (massime al piano di 36-38°C), meno assurde al termometro ma con più afa. L’interesse, pertanto, è squisitamente per l’almanacco.

Quando e dove potremo osservare questo fenomeno di transizione forzata dell’aria secca in quota fino al piano? È molto difficile rispondere a questa domanda, anche perché – come potete immaginare – siamo di fronte a condizioni termodinamiche estreme per le quali non v’è quasi esperienza. Sebbene la dinamica sia per certi versi simile a quella del Föhn (o più precisamente dell’effetto favonico), d’estate la densità delle masse d’aria in gioco è abbastanza bassa e gli scarti pressori al suolo tendono ad essere più contenuti, dunque i venti secchi in quota faticano a guadagnare caduta altimetrica (per capirci: “galleggiano” sopra il lago d’afa residuo).

Ad ogni modo, cercando di ragionare sulla base di quanto accennato dalla modellistica numerica, si può ipotizzare un coinvolgimento pomeridiano/serale di queste aree:

- Varesotto (specie medio-alto);
- Valchiavenna e buona parte del Lario, parte della Valtellina (essendo una valle longitudinale, farà un po’ più fatica);
- Orobie Bergamasche e relative pedemontane (fino alle alte pianure), forse Val Camonica.

Nel corso della notte su venerdì la ventilazione asciutta settentrionale potrebbe estendersi anche alla Brianza, a parte del Milanese e in generale alla medio-alta fascia padana lombarda centro-occidentale. L’ora notturna, tuttavia, andrebbe ad esaltare le temperature minime più che i picchi massimi, ormai stemperati dalla mancanza di sole. Laddove insisterà ventilazione fino all’alba è quindi lecito attendersi valori minimi estremamente alti, localmente superiori ai 30°C (esticazzi).

Dopo questo delirium tremens della microclimatologia lombarda, con venerdì avrà inizio un lento ma progressivo rientro termico, un po’ più percepibile da sabato (“rientro” è una maniera elegante per evitare il termine “rinfresco”, che suona come una sonora presa per il sedere visto che avremo ancora temperature molto alte, seppur meno estreme, almeno fino a inizio settimana prossima). Una vivace ventilazione orientale, tuttavia, potrà portare sollievo (si fa per dire) già dal pomeriggio di venerdì, in particolare nelle pianure centro-est.

Qualche segnale temporalesco è all’orizzonte da lunedì sera, specie tra rilievi e pedemontane, ma è meglio non vendere la pelle dell'orso prima di averlo ucciso (di caldo). Ci riaggiorneremo.

Nel frattempo bevete molto (e responsabilmente)

 

 

 

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